IL SAP INTERVISTA DEBORA SCALZO

IL SAP INTERVISTA DEBORA SCALZO

Debora Scalzo, scrittrice astigiana, di origini siciliane, cresciuta con il mito della Polizia grazie al nonno bis Lorenzo (così come ama chiamarlo la Scalzo), poliziotto che proprio ad Asti...

Debora Scalzo, scrittrice astigiana, di origini siciliane, cresciuta con il mito della Polizia grazie al nonno bis Lorenzo (così come ama chiamarlo la Scalzo), poliziotto che proprio ad Asti andò in pensione. In questa intervista ci racconta la favola del suo libro di successo “Io resto così” edito da Kimerik, del suo grande amore per la scrittura e per la Polizia di Stato. Ma soprattutto di un grande progetto all’orizzonte: che “Io resto così”, diventi presto un film

Intervista a cura di Marco Spiridigliozzi:

1) Come ci si scopre scrittrice?
“Ho sempre amato scrivere. Sin da bambina è stato un crescendo. Poi l’aver studiato al conservatorio canto, pianoforte e solfeggio, mi ha aiutato tanto, iniziando a scrivere poesie accompagnate alla musica. Sono fermamente convinta che rileggere ciò che scriviamo, ci aiuti a star meglio. La considero una sorta di terapia emozionale”.
2) Come mai questa tua passione per la Polizia di Stato?
“Tutto merito del mio bisnonno materno, da sempre chiamato nonno bis, Lorenzo. Era poliziotto e ho dei bellissimi ricordi di bambina con lui delle nostre partite a carte e dei suoi racconti. Scortava magistrati, tra l’altro durante un periodo pieno di tensioni, erano gli anni di piombo, anni molto crudi in tutta Italia e in particolare in Sicilia. Purtroppo l’ho perso che ero ancora piccolina ma ho avuto il gran privilegio di vivere gran parte della mia adolescenza con la mia bisnonna Maria, eravamo molto unite. Per farvi capire cosa rappresenta per me la Polizia vorrei raccontare un aneddoto che riguarda proprio la mia nonna bis Maria. Mio nonno Lorenzo era oramai morto e anche lei purtroppo si ammalò di Alzheimer. Dopo qualche tempo iniziò a non riconoscermi. Eppure, nonostante la malattia, non appena passasse una volante a sirene spiegate vicino casa, lei esclamava “Lorenzo!”. Un amore, il loro, che ha superato la malattia”.
3) Come nasce la storia di Stella?
“Il libro non è totalmente autobiografico, ma c’è molto della mia vita vissuta nella storia di Stella”.
4) C’è dunque qualcosa di Debora in Stella e viceversa?
“Sicuramente. Siamo due guerriere e lottiamo tantissimo. Anche io ad esempio nella mia vita ho incontrato una persona speciale che adesso non c’è più. Abbiamo avuto entrambe gioie e dolori dalla vita, che però non ci hanno comunque mai cambiato. Mi sento migliorata. Molto positiva. Ironica, solare, calorosa”.
5) Chi è Vincenzo, il poliziotto protagonista nel libro?
“Vincenzo rappresenta tutti i poliziotti onesti e che onorano questa divisa ogni giorno. Rappresenta ogni singolo poliziotto che sposando la divisa lo fa con dignità. E rappresenta anche tutti quei ragazzi che non ce l’hanno fatta, che hanno perso la vita in servizio. Vincenzo è poi un ragazzo del sud, di Napoli, che si trasferisce al nord a Verona. Si parlerà molto di Napoli nel film”.
6) Città meravigliosa, gente unica:
“Esatto. Napoli è una splendida realtà che si è stufata di essere sempre rappresentata in malo modo. Recentemente durante un mio viaggio di lavoro nella città partenopea, mi ha colpito molto un tassista che quando sono salita in auto ho visto molto contrariato in viso, alla mia richiesta sul suo stato d’animo, mi rispose che era arrabbiato perché poco prima si era rifiutato di portare una coppia di turisti che come prima tappa volevano andare a Scampia per vedere il set dove era stato girato Gomorra. Napoli è ben altro e ripeto, è stufa. I napoletani hanno grandi valori, molti giovani napoletani sognano di diventare poliziotti. Sono spesso a Napoli e vi assicuro che esiste tanta brava gente. E tornando al film, le scene di Vincenzo che porta Stella nella sua città sono bellissime, emozionanti. Napoli per me è tra le città più belle del mondo”.
7) Hai voluto in un qualche modo portare alla luce la storia di tante mogli che come Stella soffrono la tragedia di un poliziotto che viene strappato alla vita?
“Doveroso. Racconto la storia della perdita, che è di per sé devastante. Ma anche quello che c’è dopo. E sapete quel che è grave per tutte queste persone? La completa assenza dello Stato. E la totale assenza, allo stesso modo, della Giustizia. Il libro, come il film, oltre che a tutte le vittime della Polizia di Stato è dedicato a due persone per me speciali: Sonia Iacovone e a suo fratello Giuseppe che a soli 28 anni è morto in servizio. Altro caso di giustizia con la “g” minuscola. E dobbiamo pretendere giustizia per questi figli strappati alla vita. Poliziotti, persone normali con le loro fragilità, le loro paure”.
8) Ti aspettavi il successo del tuo libro?
“Non me lo aspettavo. E in realtà non pensavo proprio a come sarebbe andata a finire. Ho scritto il libro per me stessa, per rileggermi, e superare alcuni dolori vissuti nella mia vita. Certo poi mi ha fatto enormemente piacere, soprattutto per la grande famiglia dei parenti delle vittime che ho conosciuto. Persone speciali”.
9) E adesso un film?
“Il libro è uscito 5 anni fa. Poi 3 anni fa mi ritrovai ad un evento dove incontrai casualmente il regista Marco Pollini al quale regalai il mio libro. Dopo un mese mi chiamò, proponendomi subito di farne un film. La tematica lo aveva colpito molto”.
10) Possiamo anticipare il nome di qualche attore che sarà protagonista? Chi sarà Stella? E chi Vincenzo?
“Al momento non posso parlare di nomi ma posso assicurare che si tratterà di un cast davvero importante”.
11) È vero che state pensando di lanciare un casting per permettere a veri poliziotti di essere parte attiva del corpo di attori del film?
“Apriremo dei casting a poliziotti. Posso confermarlo. Poliziotti reali, in servizio. Tantissimi ragazzi mi hanno già scritto. Sarebbe bellissimo. Da ruoli importanti a quelli medi, comparse, ecco vorrei che ci fossero veri poliziotti”.
12) E’ possibile partecipare ad una raccolta fondi per questo film?
“Certo. Tornando al discorso di prima, voglio che il film sia il più libero possibile da determinate dinamiche e allora chi vuole può partecipare a questa iniziativa andando sul sito produzionidalbasso.com. Molti hanno eretto un muro di gomma, perché è più comodo raccontare la vita di poliziotti corrotti e criminali. Ma come dico in video NOI NON CI STIAMO! La raccolta fondi l’abbiamo lanciata per realizzare il film per voi e con voi al nostro fianco. Quante vale la vita di un poliziotto? Meno di un caffè? No, il valore è inestimabile. Se tutti insieme contribuiamo a donare davvero il costo di un caffè, possiamo fare la differenza, ma soprattutto possiamo fare insieme qualcosa di magico.
LINK DIRETTO ALLA RACCOLTA FONDI:
https://www.produzionidalbasso.com/project/quanto-vale-la-vita-di-un-poliziotto-la-vita-e-la-passione-delle-forze-dell-ordine-in-un-film/
13) Oltre al film il messaggio del libro è così pieno di significati tali da poter essere ad esempio portato nelle scuole per un confronto con le giovani generazioni?
“Il film è un film drammatico sociale autoriale. Toccherà tematiche molto importanti. Considero fondamentale veicolare il messaggio del libro verso i giovani. Sono loro che gestiranno il domani e sapere che leggere questo libro possa spingerli verso una professione così bella come quella del poliziotto, mi rende particolarmente felice. I poliziotti, come i medici, hanno una vera e propria vocazione. I giovani debbono ricevere messaggi positivi, veri. Se penso che ad oggi, molti giovani possano vedere scarcerati decine di boss mafiosi provo un grande senso di vergogna. Cosa pensano le nuove generazioni quando uno Stato permette a così tanti mafiosi di uscire di galera. Quale messaggio stiamo dando? Il film parla di valori, di onestà. Non vogliamo più corrotti o criminali”.
14) Resterà sempre così Debora Scalzo?
“Sempre. Sempre vera, reale e fedele a me stessa. Non mi ritengo una radical chic, non sono una paraculista e vado avanti con i miei ideali. Questo film ad esempio deve essere un modello di onestà, che deve andare avanti per meritocrazia, e nulla più. Dovessi metterci anche 10 anni per riuscire a portarlo nelle sale”.

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