Dopo 11 anni, per 41 antagonisti che nel maggio del 2013, a Bologna, insieme ad altri 200 manifestanti, accerchiarono decine di agenti l’unica accusa ancora in piedi è quella di resistenza aggravata, tutti gli altri reati contestati sono andati in prescrizione. “Questa non è giustizia – afferma il Segretario Generale del SAP, Stefano Paoloni – a 11 anni dai fatti, dove i manifestanti con l’uso della violenza riuscirono a respingere e addirittura a fare arretrare le forze dell’ordine, a causa di una serie di ritardi, non è ancora concluso il primo grado. Molti reati, ahinoi, sono andati in prescrizione”. Al momento l’unica contestazione rimasta è quella di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dal numero di partecipanti, per la quale la pena massima prevista sale a 15 anni. Le altre accuse – tra cui lesioni a pubblico ufficiale, getto pericoloso di cose, manifestazione non autorizzata e violenza privata per la sottrazione di un manganello a un agente – sono andate prescritte.
“Quello che denunciamo da tempo, il senso di impunità di queste persone, è dimostrato in concreto: sanno che nonostante usino violenza non ne dovranno rispondere, se non in minima parte”, spiega Paoloni, ribadendo che si tratta di “un sistema giustizia che non può funzionare e non può consentire una convivenza civile in questo Paese. È vergognoso che dopo 11 anni di attacco allo Stato ancora oggi i responsabili non stiano pagando e molti di loro l’abbiano già fatta franca. Il nostro – conclude – è uno Stato di diritto e noi abbiamo il dovere di fare rispettare le regole, tuttavia, se nessuno ci tutela e i risultati sono questi non solo si legittima la violenza nelle pubbliche manifestazioni, ma il nostro compito risulta davvero impervio”.
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