Succede a Livorno, ma non c’è motivo di dubitare che la prassi sia ormai consolidata anche nelle altre città italiane. Come sappiamo, nel caso di invio in missione, le norme prevedono che sia corrisposto agli agenti l’anticipo per poter far fronte alle spese che si andranno a sostenere. Invece in questura i fondi scarseggiano così i colleghi sono costretti a sborsare di tasca loro la somma necessaria, attendendo poi tempi biblici per la restituzione. La situazione diviene ancor più paradossale in caso di accompagnamento per espulsione del cittadino straniero. Pochi giorni prima di Natale, per citare un esempio, due agenti sono stati incaricati di procedere all’accompagnamento per espulsione di un cittadino tunisino. Da Livorno a Pisa, poi da Roma a Palermo e infine presso il Cie di Trapani. Agli agenti ma anche al cittadino da espellere competono le spese di ristoro. Ma chi paga? Risposta semplice: gli agenti hanno affrontato le spese con i loro fondi. In sostanza avviene così che gli operatori pagano di tasca loro per poter lavorare. Sulla questione è intervenuto Luca Tommasini, Segretario Sap di Livorno: ci sono colleghi che aspettano rimborsi da due anni e quando arrivano, vengono erogati a singhiozzo. La richiesta è quella di una maggiore attenzione, considerando che un servizio di polizia non può essere affidato alla buona volontà e alla “tasca” degli operatori.
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