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SORVEGLIANZA SANITARIA NEL DLGS 81/08

News 1 Aprile 2017
Redazione
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I responsabili della Direzione Centrale di Sanità hanno concluso il ciclo di appuntamenti organizzato per illustrare ai sindacati il noto progetto di sorveglianza sanitaria. Nel terzo ed ultimo incontro il Direttore Santorsa ed il dr. Ciprani hanno spiegato in quale modo e con quali vantaggi l’azione di sorveglianza è stata incardinata nell’ambito del decreto sulla sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro e non invece a norma dell’art.2 D.M. 30/6/2003 n.198 (… l’Amministrazione effettua visite mediche e accertamenti sanitari programmati e periodici secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Capo della Polizia, …) che opera ai fini dell’accertamento dell’idoneità.
In sostanza, come già abbiamo riportato su questo sito, la scelta sarebbe quella di impostare il controllo programmato dello stato psico-fisico in funzione della prevenzione e la gestione degli stati a rischio e quelli patologici, piuttosto che farlo in ragione della verifica cadenzata dell’idoneità al servizio.
Il D.Lgs. 81/08 utilizza infatti la sorveglianza sanitaria con la finalità di individuare le situazioni in cui i dipendenti incorrono nei rischi tipici della professione, meglio se in anticipo, ed anche per individuare le mansioni più adatte in base allo stato psicofisico.
Un ulteriore vantaggio è rappresentato dalla prevalenza della funzione medica rispetto al ruolo del datore di lavoro, che per noi sono i dirigenti, e perciò una più chiara indipendenza della componente sanitaria. Sempre secondo la Direzione di Sanità l’impianto così concepito contiene perció già un sostanzioso sistema di “paracadute” nel contesto del quale l’invocato quarto ruolo risulterebbe addirittura residuale.
Detta così, e nessuno può dubitare della competenza e della correttezza dei succitati dirigenti, sembrerebbe la soluzione perfetta, l’uovo di Colombo. Peró per funzionare il dispositivo ha bisogno di alcune importanti componenti: sale mediche attrezzate, medici adeguatamente sostenuti, convenzioni con ambulatori e strutture di cura o riabilitazione, disponibilità di palestre, ma anche piani seri ed effettivi per la gestione dello stress operativo e lavoro-correlato (non come il progetto Chirone e quello dei Pari, l’uno accennato e l’altro abortito!).
Per non parlare del resto. È noto che i due rischi professionali più evidenti e certificati per i poliziotti sono quello cardiovascolare e lo stress. Rispetto al primo possiamo forse ritenere accettabili le tipologie di orari utilizzati ora o i sacchetti forniti per i pasti in OP? In ordine al secondo si può continuare così, senza una politica sugli alloggi, un sistema disciplina arcaico, la quantità di ferimenti in servizio e di denunce penali registrati ogni anno? E la lista dei paradossi è ovviamente ben più lunga.
Gli stessi responsabili del progetto hanno consapevolezza delle lacune appena descritte, ma sono convinti che la partenza della sorveglianza sanitaria possa portare, per trascinamento, ciò che davvero serve ad una efficace prevenzione.
Noi, più per esperienza che per preconcetta diffidenza, pensiamo invece che il rischio incombente sia rappresentato dalla solita deprecabile abitudine di “mettere a posto le carte” e basta, ossia di allestire la facciata e lasciare aperto il cantiere a vita. Non sarebbe la prima volta, del resto. E comunque un lavoro ben fatto inizia soddisfacendo i presupposti, realizzando le premesse e non partendo dal risultato per tirarsi dietro tutto il resto. E, pensando che si vuole comincia pre dalla prevenzione sugli ultracinquantenni, nutrire delle perplessità è davvero il minimo.
Ora vedremo cosa uscirà dal confronto con il Capo della Polizia e capiremo su quali basi e con quali concrete garanzie si intende attuare il decreto emesso a gennaio.

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