Lo schema di decreto proposto è volutamente ridotto al minimo indispensabile, privo di tutte quelle specificazioni che potrebbero renderlo strumento realmente in grado di coniugare la normativa generale alla peculiarità dei nostri ambienti di lavoro. Ciò che le sigle propongono è giudicato ‘non opportuno’, ‘non necessario’, ‘non conveniente’ o ‘troppo restrittivo’, ‘già previsto dalla norma generale’, ‘troppo vincolante’ e via così.
Insomma la bozza è un compitino striminzito e ingessato che non coglie l’occasione per precisare meglio aspetti decisivi come l’individuazione delle ‘aree riservate’ né offre possibilità concrete di risolvere le tante questioni dibattute in questi anni, come la formazione e l’aggiornamento dei soggetti destinatari delle varie mansioni, la terzietà della vigilanza e del controllo, l’operatività di Servizi di Prevenzione e Protezione. Si può dire che tutto il testo persegua la pedissequa conformità alla norma originaria, evitando che la sua declinazione aggiunga qualcosa, ne estenda minimamente la portata.
Unica deroga a questa inossidabile rigorosità è l’acrobazia giuridica con la quale è stato capovolto un principio importantissimo sancito dal legislatore, ossia la necessaria compresenza nella figura dl Datore di Lavoro del potere organizzativo e della capacità di spesa. Nonostante la manifesta evidenza del significato di tale presupposto (obbligare il soggetto che ha l’effettiva facoltà di agire) e la conferma offerta da questi 20 anni di esperienza diretta (l’inerzia registrata nel nostro settore è unanimemente attribuita proprio al fatto che Questori e Dirigenti di Repart/Uffici non dispongano di risorse economiche), l’atto costruito dal Ministero ripropone lo schema del Datore di Lavoro privo di autonomia finanziaria e quindi capace di disimpegnarsi da obblighi onerosi.
Con l’inciso “Restano ferme le responsabilità dei dirigenti o funzionari che […] hanno l’obbligo di provvedere all’adozione di misure di prevenzione e di interventi strutturali e di manutenzione per i quali sono necessari autonomi poteri decisionali e di spesa.”, secondo i tecnici del Ministero si individua in modo preciso ed inequivocabile la responsabilità del Prefetto, in prima battuta, e della Direzione Centrale Tecnico-Logistica poi, di attuare i lavori che il Datore di Lavoro non può ordinare non avendo soldi a disposizione. Quindi il giochetto si perpetua: il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza va dal Dirigente e gli intima di sistemare una crepa, questi allarga le braccia spiegando che non tiene i cordoni della borsa e che ha segnalato al Prefetto.
Allora va dal Prefetto che a sua volta allarga le braccia mostrando che ha esaurito i fondi e che ha scritto al Ministero. A sto punto il RLS deve interagire con la Direzione Centrale che però non è il suo Datore di Lavoro. In alternativa, chi rappresenta il personale, può promuovere una causa e lasciare che questo viatico lo percorra il Magistrato. Nel frattempo il muro magari crolla. Il SAP resta fermamente convinto che il Decreto attuativo così formulato lasci irrisolti tutti i problemi fin qui riscontrati nella tutela della sicurezza dei poliziotti sui luoghi di lavoro e ha già espresso il proprio parere negativo sulla bozza.
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