16 Aprile 2016
Ieri finalmente è stata emessa dalla Corte d’Assise di Varese la sentenza sul caso Uva. Per sette anni le Forze dell’Ordine sono state sottoposte ingiustamente e vigliaccamente ad una gogna mediatica infinita, nonostante fosse scritto sulla roccia fin dalle prime battute che i colleghi della Polizia dei carabinieri fossero innocenti.
Per 4 volte la Procura ha chiesto il proscioglimento dalle responsabilità penali dei colleghi e l’ultima volta anche dal facente funzione di Procuratore. Si è arrivati a un processo solo a causa di una improvvida imputazione coatta.
Non sostengo che i colleghi fossero innocenti unicamente per un convincimento personale o una difesa corporativa, ma anzitutto proprio perché gli stessi periti della famiglia, più volte cambiati, hanno riconosciuto tutti che sul povero ragazzo Giuseppe Uva non vi fossero segni di lesione e che le macchie scure non erano lividi ma unicamente macchie ipostatiche, ossia il risultato del deposito nelle parti più basse del corpo della sostanza ematica. E che la morte è avvenuta per una serie di cause dovute all’alto grado di eccitazione, alla grande quantità di sostanze alcoliche, ai farmaci del trattamento sanitario obbligatorio iniettati al ragazzo e a una malformazione cardiaca.
Queste cose sono risultate immediatamente e fin dalle prime fasi del procedimento ma approfittando della segretezza degli atti, si è potuto e si è tentato in tutti i modi di instaurare un processo mediatico. E il Partito dell’Antipolizia si è scagliato con una virulenza incredibile, con in testa il senatore Luigi Manconi.
Oggi ci troviamo di fronte a numerose vittime, non soltanto il povero Uva morto per le cause accertate dalla Corte d’Assise ma anche ai colleghi che hanno una vita rovinata a causa della continua gogna. Il sistema Italia è un sistema folle che non tutela i difensori, coloro che si espongono per pochi euro sulla strada a tutti i rischi per difendere la brava gente.
Il SAP è contro ogni abuso, sia ben chiaro. La nostra proposta delle videocamere che certifichino ogni respiro, anche degli operatori, sulle divise, sulle auto e nelle celle di sicurezza ne è la prova. Ma questo sistema non può perseguitare ingiustamente e continuativamente coloro che si espongono per difendere il sistema. Spero e mi auguro che questa sia una lezione per tanti perché in questo modo, se continueremo e applicheremo lo stesso cinismo di questa vicenda anche in tutti gli altri aspetti della vita pubblica del nostro Paese non avremo un futuro.
E’ ora di tornare a distinguere il bene e il male e la cicala dalla formica perché altrimenti le generazioni a venire non troveranno un Paese ma un cumulo di macerie.
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Per 4 volte la Procura ha chiesto il proscioglimento dalle responsabilità penali dei colleghi e l’ultima volta anche dal facente funzione di Procuratore. Si è arrivati a un processo solo a causa di una improvvida imputazione coatta.
Non sostengo che i colleghi fossero innocenti unicamente per un convincimento personale o una difesa corporativa, ma anzitutto proprio perché gli stessi periti della famiglia, più volte cambiati, hanno riconosciuto tutti che sul povero ragazzo Giuseppe Uva non vi fossero segni di lesione e che le macchie scure non erano lividi ma unicamente macchie ipostatiche, ossia il risultato del deposito nelle parti più basse del corpo della sostanza ematica. E che la morte è avvenuta per una serie di cause dovute all’alto grado di eccitazione, alla grande quantità di sostanze alcoliche, ai farmaci del trattamento sanitario obbligatorio iniettati al ragazzo e a una malformazione cardiaca.
Queste cose sono risultate immediatamente e fin dalle prime fasi del procedimento ma approfittando della segretezza degli atti, si è potuto e si è tentato in tutti i modi di instaurare un processo mediatico. E il Partito dell’Antipolizia si è scagliato con una virulenza incredibile, con in testa il senatore Luigi Manconi.
Oggi ci troviamo di fronte a numerose vittime, non soltanto il povero Uva morto per le cause accertate dalla Corte d’Assise ma anche ai colleghi che hanno una vita rovinata a causa della continua gogna. Il sistema Italia è un sistema folle che non tutela i difensori, coloro che si espongono per pochi euro sulla strada a tutti i rischi per difendere la brava gente.
Il SAP è contro ogni abuso, sia ben chiaro. La nostra proposta delle videocamere che certifichino ogni respiro, anche degli operatori, sulle divise, sulle auto e nelle celle di sicurezza ne è la prova. Ma questo sistema non può perseguitare ingiustamente e continuativamente coloro che si espongono per difendere il sistema. Spero e mi auguro che questa sia una lezione per tanti perché in questo modo, se continueremo e applicheremo lo stesso cinismo di questa vicenda anche in tutti gli altri aspetti della vita pubblica del nostro Paese non avremo un futuro.
E’ ora di tornare a distinguere il bene e il male e la cicala dalla formica perché altrimenti le generazioni a venire non troveranno un Paese ma un cumulo di macerie.
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