Con una Bolla Papale del 1949 Pio XII proclama San Michele Arcangelo patrono della Polizia di Stato, celebrato il 29 settembre di ogni anno. A lui gli Uomini e le Donne in divisa invocano protezione nella loro missione terrena di lotta contro il male.
Il 29 luglio 1946 alle ore 16,30 si aprono a Parigi, nelle sale dell’ex Senato francese, i lavori per la conferenza che dovrà discutere la sistemazione del mondo uscito malconcio e sfiancato dal secondo conflitto mondiale. Nelle stesse ore in cui Alcide De Gasperi sta chiedendo per l’Italia una pace giusta e non punitiva, a Roma, Papa Pio XII, al secolo Eugenio Maria Giuseppe Pacelli, incontra gli allievi della scuola di Polizia di Roma. Il Pontefice si rivolge a loro con parole di profondo incoraggiamento: «Lo Stato vi assegna la missione di mantenere e di tutelare la tranquillità, la sicurezza e l’ordine pubblico, che sono elementi essenziali della vera pace. Da ciò consegue che un tale ufficio esige, in chi deve adempierlo quotidianamente, un notevole complesso di qualità e di energie spirituali e morali».
Quando il Pontefice pronuncia queste frasi dinanzi a quelli che chiama “diletti figli”, ha probabilmente già iniziato la stesura della Bolla Providentissimi Dei est con la quale, il 29 settembre 1949, dichiara l’Arcangelo Michele patrono della Polizia di Stato.Il ruolo dell’Arcangelo Michele, quale celeste protettore dei poliziotti, viene sancito in questi passaggi della Bolla: […]Solent enim christiani Exercitus, ex vetusta ac laudabili consuetudine, Summis Pontificibus faventibus et confirmantibus, caelestes Patronos, qui in adversis rebus, immo et in periculis, omnes et singulos tueantur illisque exoptatam tribuant victoriam, sibi deligere atque adsciscere. Quos inter nullus, publicae securitati servandae aptior et magis consentaneus apparuit, quam caelestis ille Angelicae Cohortis Princeps, Michaël nempe Archangelus divina contra «tenebrarum potestates» cum sit fortitudine praeditus. Nella traduzione il testo recita così: Son soliti infatti le Milizie cristiane, secondo un’antica e lodevole consuetudine, col favore e l’approvazione dei Sommi Pontefici, scegliersi ed invocare celesti Patroni, che in situazioni avverse, e nei pericoli specialmente, proteggano i singoli e la comunità intera, e procurino loro la desiderata vittoria. E tra di loro nessuno mi è sembrato più adatto alla tutela della sicurezza pubblica e più confacente, di quel grande Principe della Corte celeste, per l’appunto l’Arcangelo Michele, essendo dotato di forza divina contro le forze delle tenebre.
Da oltre 70 anni quindi, la Polizia di Stato celebra il 29 settembre il suo Patrono; la recita della della preghiera a San Michele conclude tutte le cerimonie di giuramento degli allievi agenti e alcune commemorazioni. Un’analisi superficiale potrebbe rilevare una sorta di contraddizione nel filo, neanche troppo sottile, che lega in modo così netto un’Istituzione di uno Stato laico e una componente eminentemente religiosa. Sorge una sorta di distopìa, una serie di questioni che a prima vista sembrano insolubili. La chiave di lettura però va rinvenuta nell’interpretazione del principio di laicità non come canone restrittivo ma come fondamento della civile convivenza. L’articolo 4 della Costituzione, affermando il principio della necessità del progresso spirituale, spezza in qualche modo l’unicità della condizione materiale dei cittadini. Concetto ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.203 del 1989, con la quale si riafferma l’esistenza nel nostro ordinamento della cosiddetta laicità positiva, quella cioè della ”non indifferenza” dello Stato dinanzi alle necessità religiose dei cittadini.
Nell’iconografia classica e ormai ampiamente consolidata, San Michele viene raffigurato così come compare nei passi dell’Apocalisse: alato in armatura con la spada o lancia con cui sconfigge il demonio, quest’ultimo spesso nelle sembianze di drago. L’iconografia bizantina predilige l’immagine dell’Arcangelo in abiti da dignitario di corte (il coiddetto loron o loros) rispetto a quella del guerriero che combatte il demonio o che pesa le anime, più adottata invece in Occidente. L’Arcangelo Michele ha il compito di intervenire nell’eterna lotta tra il bene e il male, tutto questo a costo del sacrificio per il trionfo della giustizia contro l’arbitrio e la prepotenza. È quello che si chiede nella propria missione terrena anche a chi indossa ogni giorno l’uniforme della Polizia di Stato, nella consapevolezza, cristallizzata anche nello Stemma Araldico, che la libertà, da non confondere con la liceità, risieda esclusivamente nel rispetto della legge.
Il SAP dal 1992, già all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio che rappresentarono una sorta di apogeo del trionfo del male sul bene nella storia recente della nostra Repubblica, organizza ogni anno una serie di manifestazioni che si tengono su tutto il territorio nazionale per ricordare quanti hanno sacrificato la propria vita per la collettività. Tra gli eventi più importanti vi è il Cammino della Memoria, della Verità e della Giustizia; un percorso di circa 400 km a piedi, da Roma a Monte Sant’Angelo, fino alla grotta ove la tradizione colloca nel 490 d.C. l’apparizione di San Michele al Vescovo di Siponto Lorenzo Maiorano, lo stesso che il 29 settembre 493 d.C. consacrò poi la grotta all’Arcangelo.
Tre pilastri fondamentali rivelano il senso profondo dei tanti eventi che le Segreterie del SAP organizzano in tutte le città: la Memoria come esigenza e valore etico di mantenere in vita contenuti del passato, la Verità come fondamento e carattere di ciò che è nella realtà oggettiva, la Giustizia in ciò che è legittimo e conforme allo ius. Un appuntamento che ha lo scopo non solo di rinvigorire un sentimento cristallizzato nell’animo di tutti i partecipanti, ma che rappresenta un richiamo al dovere e alle proprie responsabilità per quanti la Patria ha chiamato ad assicurare tra i suoi cittadini concordia, onestà e pace, per la costruzione di una società più equa e più giusta. (Danilo Ilari)
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