Capita ormai frequentemente che gli operatori di polizia giungono al pensionamento senza aver potuto godere di tutte le ferie legittimamente spettanti; ciò dipende da innumerevoli fattori e tuttavia sono rare le ipotesi in cui sia per colpa o anche per esclusiva volontà dei colleghi. Nonostante ciò, si sta verificando una spiacevole “distanza” da parte dell’Amministrazione di P.S. che invece di prodigarsi per l’effettivo riconoscimento del diritto a monetizzare le ferie non godute dei poliziotti, una volta cessati dal servizio, si adopera per contrastare la commutazione delle stesse in ristoro economico. Ciò oltre a costituire una chiara violazione del diritto interno e comunitario, rappresenta una forte cesura tra l’Istituzione Polizia di Stato e il personale in quiescenza, che oltre a palesare un forte distacco e una sorta di ingiustificata ingratitudine, demotiva altresì il personale ancora in servizio.
Il diritto alle ferie è previsto e disciplinato da una pluralità di fonti normative, anche di rango costituzionale e comunitario, nonché dalle disposizioni di settore così come dai contratti collettivi nazionali di comparto. Pertanto in considerazione anche delle notorie statuizioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sul tema, così come dei recenti arresti del giudice amministrativo (es. Tar Catanzaro n. 376 del 2017) ovvero della Corte di Cassazione (recentemente Ordinanza n. 7976 del 21 aprile 2020), abbiamo richiesto al Capo della Polizia di valutare la possibilità di consentire ai colleghi di beneficiare del diritto alla monetizzazione delle ferie in tutte le ipotesi assistite da legalità sostanziale. Infatti la giurisprudenza non dubita che la monetizzazione del congedo ordinario, oltre ai casi di motivate esigenze di servizio, spetti anche in ipotesi di mancata fruizione per impossibilità derivante da causa non imputabile al lavoratore.
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