Si è chiuso ieri 29 novembre 2017, il processo sul caso dell’ex vice Capo della Polizia Nicola Izzo, a carico di 11 giornalisti accusati di aver pubblicato un dossier che non risponde a verità, contro il funzionario di Polizia.
Gli 11 giornalisti, tra cui tre direttori di importanti testate, sono stati condannati al pagamento di una multa che va dalle 420,00€ fino a 1000€; risarcimento delle spese processuali sostenute, pari a 10.000€ per Nicola Izzo e 3.400€ per il Sap che si era costituito parte civile.
Il giudice Maria Laura Paesano ha disposto altresì, a carico degli imputati, il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva per il danno morale, pari a 50.000€ per l’ex vice Capo Nicola Izzo e 2000€ per il Sap.
La storia inizia nel novembre del 2012 mentre a Napoli è in corso l’inchiesta per la costruzione di centri di elaborazioni dati e su presunti appalti pilotati. Tra gli indagati, figura anche l’allora vice capo della Polizia Nicola Izzo, accusato di turbativa d’asta e rivelazione del segreto d’ufficio. Al centro dell’inchiesta vi è una gara da 37 milioni di euro. Secondo il PM che ha poi chiesto l’archiviazione, quell’appalto sarebbe stato pilotato.
Un inferno per l’allora vice Capo Izzo, terminato con l’archiviazione e il proscioglimento dalle accuse a suo carico. Contestualmente, in quel periodo, tra il 2 e l’8 novembre 2012, tre importanti testate giornalistiche quali Il Messaggero, Repubblica e Il Fatto Quotidiano, pubblicavano in più riprese e a piena pagina un dossier, una sorta di mappa sulla corruzione, che disintegrava l’onorabilità di Nicola Izzo. Il dossier sarebbe arrivato alle redazioni da parte di un cosiddetto “corvo”, un delatore anonimo, considerato dai giornalisti come fonte accreditata, tanto da renderne pubblico il contenuto, senza verifiche della notizia e senza che Izzo potesse replicare. All’epoca si espresse in merito anche il Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone, il quale in un comunicato stampa ribadiva che la legge non attribuisce alcun valore probatorio agli scritti di natura anonima, né soggetti vengono iscritti nel registro degli indagati in base a tali scritti. Il comunicato del Procuratore fu praticamente ignorato dal circuito mediatico che aveva oramai azionato la macchina del fango mettendo alla gogna un funzionario di Polizia, costretto successivamente a dimettersi.
Il Sap si è da sempre schierato al fianco di un grande poliziotto quale Nicola Izzo, costituendosi parte civile nel processo contro questi 11 giornalisti, in quanto con quelle pubblicazioni, veniva lesa l’immagine della Polizia di Stato.
Inutile dire che quanto pubblicato non rispondeva a verità e, per questo motivo 11 giornalisti sono stati condannati. Si tratta di Mario Orfeo, all’epoca direttore de Il Messaggero e oggi direttore del Tg1; Antonio Padellaro direttore de Il Fatto Quotidiano; Ezio Mauro direttore di Repubblica e otto redattori, Massimo Martinelli, Valentina Errante, Sara Menafra, Alberto Custodero, Carlo Bonini, Silvia D’Onghia, Valeria Pacelli e Antonio Massari.
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