LA MAFIA UCCIDE, IL SILENZIO PURE

LA MAFIA UCCIDE, IL SILENZIO PURE

Nella giornata di ieri, 19 luglio 2022, al trentennale della commemorazione della strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque dei sei...

Nella giornata di ieri, 19 luglio 2022, al trentennale della commemorazione della strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque dei sei membri della sua scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina, si è tenuto un convegno dal titolo “LA MAFIA UCCIDE IL SILENZIO PURE”. Organizzato dal HUB GenerAzioni Regione Lazio, l’incontro è stato un momento utile per affrontare approfondimenti e riflessioni sulla lotta e il contrasto alle mafie.

Necessario commemorare per ricordare l’impegno e il coraggio di chi ha detto no alla mafia e per continuare a lottare nella ricerca della verità. Benché gli anni dello stragismo e del terrorismo di stampo mafioso appaiano spesso nella coscienza collettiva si è ancora ben lontani dall’affrontare quei temi ancor più scottanti come quello sulla legalità e quello di contrasto alle mafie. C’è la necessità di sensibilizzare i cittadini a tematiche apparentemente ostiche, ma che elaborate nelle sedi giuste posso aiutare a ricucire quel senso civico e di appartenenza che ad oggi sembra essere profondamente lacerato.

Insegnare alle nuove generazioni ciò che è accaduto per non dimenticare e non ripetere e soprattutto per insegnare a tenere l’asticella alta. Questo cancro strisciante ha solo mutato forma. Entrambi argomenti di grande attualità, che dopo la sentenza sul depistaggio, si rendono ancor più necessario conoscere e affrontare.

In questo elaborato incontro, che ha visto susseguirsi numerosi giornalisti e addetti ai lavori, il SAP è stato egregiamente rappresentato dal nostro Segretario Nazionale Giuseppe Coco che ha effettuato un intervento incisivo. Avendo vissuto da vicino quegli anni tragici, Coco ha esposto come la comunità siciliana e soprattutto palermitana stia lavorano sul tessuto sociale e scolastico, per rendere edotte le nuove generazioni su ciò che è accaduto.

La risposta di insegnanti e alunni è sempre più forte e il senso di giustizia viene inculcato già dalle scuole primarie. Ma oltre al ricordo e all’impegno civico sul tema, Coco ha fatto appello agli addetti ai lavori, chiedendo a chi sa di parlare. La verità deve venire fuori. Senza di questa non si può dare giustizia ha chi ha creduto perdendo la vita e a chi questa lotta la conduce quotidianamente per la serenità della collettività.

Nei 7 minuti finali il focus ha toccato una tematica molto scottante e per la quale il SAP si sta battendo da un anno, il 41bis. “In quel periodo si era andati oltre la misura consentita. Dopo le stragi furono finalmente ascoltate le richieste di chi conosceva le dinamiche della mafia. Per cui risultò necessario evitare che dal carcere, “dall’Hotel 4Stelle” di Lucciardone, si continuasse a comandare da dentro con le logiche mafiose e criminali che esistono nei quartieri siciliani. Il tutto evitando di permettere ai Boss di esercitare il ruolo di capo mandamento o capo della commissione di Cosa Nostra dall’interno. Così all’indomani delle stragi si applicò finalmente il 41bis, uno strumento eccezionale per combattere questo cancro. A seguire venne approvato un altro elemento straordinario come l’ergastolo ostativo”.

“Ad oggi qualcosa è cambiato. La sensazione che si ha è che l’italiano agisce sempre in maniera emotiva e poi via via che l’emozione va a scemare cala l’attenzione sull’argomento. Questo ci porta a riflettere sul fatto che abbiamo dimenticato ciò che sosteneva Paolo Borsellino e cioè che la Mafia è il male assoluto e che va combattuta senza ma e senza sé. Non bisogna si affidarsi meramente a principi ideologici, ma bisogna essere più pragmatici possibili. A fronte di questo, si riaffaccia il tentativo di alleggerire il 41bis, perché ritenuto da alcuni un Istituto disumano e che confligge con i nostri principi costituzionali…”.

Coco ha puntato l’accento sull’ergastolo ostativo, poiché non si tratta di un semplice tentativo ma bensì di un provvedimento concreto che la Corte Costituzionale, il 21 aprile del 2021, con ordinanza 27 ha ritenuto la misura incompatibile con la Costituzione, per cui ha dato mandato al Parlamento di provvedere a modificare l’ergastolo ostativo, al fine di renderlo compatibile con l’Art. 27 della nostra Costituzione.

Approfondendo che l’ergastolo ostativo è il particolare regime penitenziario previsto dall’Art.4 bis dell’Ordinamento Penitenziario che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari liberazione condizionale, lavoro esterno, permessi premio, semilibertà. Gli autori dei reati particolarmente riprovevoli quali delitti di criminalità organizzata, terrorismo, eversione ove il condannato non collabori con la giustizia, viene evidenziato il silenzio media e stampa su un argomento così delicato e che è in atto di revisione, all’oscuro della collettività che di certo non si trova tra gli addetti ai lavori.

Se passasse la bonifica di questo istituto, dopo 24 anni i peggiori capi mafia di quella componente sanguinaria verranno liberati. “Allora in un momento delicato come questo, in un momento storico dove arriveranno 220miliardi di PNRR e verranno fatti appalti con procedure semplificate ridare la possibilità ad un’organizzazione criminale come quella mafiosa di ristrutturare e riorganizzarsi con chi ha dimostrato fedeltà (non collaborando con la giustizia) non è concepibile. –  continua il Segretario Nazionale con grande professionalità accoratezza – Quindi chi ha pensato l’ergastolo ostativo, Falcone e Borsellino, lo ha pensato per dare dimostrazione ai mafiosi di recidere il legame, di sciogliere il giuramento e “schierarsi” con lo Stato. Se il mafioso non collabora, dimostra di essere un uomo d’onore nell’accezione più terribile del termine dimostra per tanto di meritare, una volta uscito di poter tornare a comandare e avanza un credito di fedeltà e di riconoscenza per il sostentamento che l’organizzazione ha garantito a lui steso e alla famiglia”.

“Alla luce di quanto detto non ci si può permettere di fare un passo in dietro rispetto alle conquiste e a quegli strumenti che hanno sterilizzato e protetto il tessuto sociale in questi ultimi 30 anni, nella speranza che finalmente il nostro Paese e soprattutto i familiari delle vittime possano avere la verità”.

Bisogna dare un senso alle commemorazioni fatte fino ad oggi.

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