Nel 1852 nasceva il Corpo di Guardie di Pubblica Sicurezza. Da allora, quella che oggi è la Polizia di Stato, accompagna le alterne vicende che caratterizzano la storia del nostro Paese.
Correva l’anno 1852. Camillo Benso Conte di Cavour, dopo il connubio con i progressisti di Urbano Rattazzi, diviene Capo del Governo; nel resto della Penisola gli Austriaci controllano ancora gran parte dei territori, rispondendo con durezza ai moti rivoluzionari, come nella valletta di Belfiore. Potrebbe essere questo l’inizio di un romanzo di Matilde Serao. In realtà il 1852 è l’anno in cui vede la luce, ancor prima della costituzione di uno Stato unitario, il primo embrione di un Corpo di Guardie di Pubblica Sicurezza. Con una legge apposita, la 1404 emanata l’11 luglio a firma di Vittorio Emanuele II, si stabilisce la nascita di un corpo organico di poche centinaia di unità con un’organizzazione di tipo militare alle dipendenze del Ministero dell’Interno. I compiti attribuiti a questa nascente piccola forza, oltre di sostituire i cosiddetti Apparitori, erano quelli di […] mantenere l’ordine, la tranquillità e la sicurezza pubblica; vegliare sugli oziosi vagabondi e mendicanti, donne di malaffare, giocatori e recidivi; ricercare ininterrottamente i malfattori di ogni genere seguendo attentamente ogni traccia indicante o valevole a far presumere reati; accorrere agli incendi ed altri simili avvenimenti rimarchevoli, provvedendo alle occorrenze nel miglior modo possibile.
Dopo l’unificazione, uno degli obiettivi principali fu quello di curare la formazione e preparazione del personale, ancora troppo indietro rispetto agli standard delle altre polizie europee. Nel 1902 fu creata la prima Scuola di polizia scientifica, diretta da Samuele Ottolenghi. Nel 1919 cambio di denominazione: con due regi decreti venne istituito il Corpo degli Agenti di Investigazione e soppresso il Corpo delle Guardie di Città. Alla fine del 1959 venne istituito il Corpo di Polizia Femminile col compito di occuparsi principalmente di buon costume della prevenzione della prostituzione e della delinquenza dei giovani. In generale comunque, dalla metà dell’Ottocento fino al 1981, anno che segnò un punto di svolta epocale ridisegnando quell’assetto tutt’ora in vigore, la Polizia ha subito diversi cambi di denominazione.
Una cosa però appare indiscutibile: i poliziotti hanno accompagnato, con la loro opera e il loro sacrificio, le vicende che hanno caratterizzato il nostro Paese, passato per la dittatura fascista, la stagione del terrorismo e delle bombe, quella delle stragi e dei profondi sconvolgimenti economici e sociali. In ogni momento della nostra storia, più o meno difficile, la Polizia ha rappresentato un presidio prossimo e costante al bisogno e alla richiesta di sicurezza dei cittadini, elemento imprescindibile di uno Stato che voglia definirsi effettivamente moderno. L’impegno e la dedizione profusi da Donne e Uomini della Polizia di Stato, accompagnato da un bagaglio di capacità e conoscenze, hanno rappresentato un argine contro derive totalitariste ed eversive oppure hanno contribuito ad arginare le conseguenze di crisi sanitarie, come quella in corso.
Ogni celebrazione però, al di là dell’inevitabile e plausibile ritualismo, deve rappresentare l’occasione per riflettere su questioni non ancora pienamente risolte. Il decreto del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze del 20 maggio 2021, nella revisione della dotazione organica dei ruoli, ha cercato in qualche modo di colmare sperequazioni e criticità emerse in questi ultimi anni. Questo perché nel recente passato, provvedimenti elaborati originariamente in un’ottica di un generale processo di semplificazione e snellimento dell’attività amministrativa, si sono tradotti per il legislatore nell’occasione propizia per operare tagli al personale e alle risorse. Un semplice calcolo dell’età media del personale, correlata a indici statistici relativamente più complessi (scarto quadratico medio, mediana e indice di varianza, non riportati in questa sede per non appesantire la lettura), mostrano senza ombra di dubbio la necessità di dare costante esecuzione al turn over e velocizzare le nuove assunzioni. Solo per citare qualche dato, dalla qualifica di Assistente Capo a quella di Sostituto Commissario, il 27,8% ha un’età superiore a 55 anni. Nei Sovrintendenti Capo l’età media è poco superiore ai 53 anni, dato che scende a 46 per i Vice Ispettori. L’idea del trattenimento in servizio per ulteriori due anni, propugnata nei mesi scorsi in sede di discussione della Legge di Bilancio, non può certo rappresentare la soluzione; anzi, al di là dell’evidente poca lungimiranza e distopia della proposta, si è rischiato, nel più classico degli adagi, che la toppa si rilevasse più dannosa del buco. Pericolo scampato!
Malgrado questo però, non mancano elementi per guardare al futuro con rinnovata speranza. Nell’ottica di una necessaria e adeguata risposta verso le nuove sfide del presente, lo scorso anno è stata inaugurata una struttura d’avanguardia denominata Cyber Security Operations Center (C-SOC). Nell’ultima Legge di Bilancio, sono state stanziate risorse per stipulare assicurazioni per la tutela legale per fatti di servizio. Dopo 26 anni di ritardo finalmente si va verso l’attivazione della previdenza dedicata; inoltre, anche il personale della Polizia di Stato potrà beneficiare della norma contenuta nell’articolo 54 del D.P.R. 1092/1973. Non è tutto. Proprio in questi giorni è iniziata la distribuzione
dei taser ai poliziotti italiani, così come già avviene in oltre cento nazioni nel mondo. Un percorso non facile che ha trovato nelle resistenze di carattere ideologico l’ostacolo maggiore, malgrado la sperimentazione, effettuata con metodo meticoloso e scientifico, avesse restituito dati molto incoraggianti. È poi di queste settimane l’inizio della distribuzione delle bodycam, strumento che con trasparenza e senza strumentalizzazioni può certificare gli interventi. Tutto questo è stato possibile anche e soprattutto grazie a un’intensa e mirata attività sindacale, perseguita nell’obiettivo di perorare le legittime esigenze e aspirazioni dei colleghi. Sembra scontato, a volte tautologico, non sempre però è così. L’eccessiva frammentazione e “dispersione” sindacale, con sigle che nascono e muoiono in modo repentino e vorticoso, piuttosto che rappresentare una garanzia di pluralismo, rischia di incanalare le rivendicazioni del personale in mille rivoli chiudendole poi in un labirinto, con conseguente crisi di rappresentatività e forza rivendicativa. Anche su questo andrà fatta una doverosa riflessione.
Nel frattempo è giusto celebrare questa Istituzione che rappresenta, come già sottolineato, uno dei pilastri più saldi ove poggia la nostra democrazia. La scelta di fissare la data al 10 aprile, giorno nel quale fu pubblicata la Legge 121/1981, segna una forte e costante spinta al rinnovamento. Ogni celebrazione però, ha come momento imprescindibile il ricordo e il sentimento di riconoscenza verso chi ha sacrificato la propria vita per la collettività. Proprio un anno fa, in questi stessi giorni, Giovanni Vivenzio, definito un pilastro del commissariato San Ferdinando di Napoli, perdeva la vita per le ferite riportate in seguito a un incidente in servizio. Come lui, nel corso degli anni, in tanti: Emanuela Loi, Filippo Raciti, Emanuele Petri, Giuseppe Iacovone, Antonio Montinaro, Pasquale Apicella, solo per citare alcuni di questi eroi silenziosi.
Le loro vite e le loro storie ci restituiscono tutta l’umanità di un’Istituzione, quella della Polizia di Stato, costellata di Donne e Uomini che conservano l’orgoglio di appartenere a una grande squadra e ogni giorno indossano quell’uniforme al servizio del nostro Paese, per la difesa degli irrinunciabili valori di pace, giustizia e verità.
Buona Festa della Polizia! (Danilo Ilari)
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